Riportiamo di seguito una bella intervista a padre Aurelio Gazzera firmata da Antonella Palermo, e pubblicata sabato 17 ottobre 2020 su Vatican News . L’intervista audio è disponibile sul sito di Vatican News.
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di Antonella Palermo – Città del Vaticano
La missione, la “Chiesa in uscita” non sono un programma da realizzare per sforzo di volontà. È Cristo che fa uscire la Chiesa da sé stessa. Nella missione di annunciare il Vangelo, tu ti muovi perché lo Spirito ti spinge e ti porta. #GiornataMissionariaMondiale. E’ il tweet di Papa Francesco sul suo account @Pontifex.
“Eccomi, manda me” – dal versetto del Libro del profeta Isaia – è il tema del Messaggio del Papa per l’odierna Giornata missionaria di quest’anno. Si sottolinea la dimensione di fragilità che viviamo in questo tempo di pandemia e l’invito, tanto più urgente, a uscire da noi stessi per servire l’altro.
Siamo veramente spaventati, disorientati e impauriti. Il dolore e la morte ci fanno sperimentare la nostra fragilità umana; […] La missione che Dio affida a ciascuno fa passare dall’io pauroso e chiuso all’io ritrovato e rinnovato dal dono di sé.
Una chiamata che si rinnova ogni giorno
Dopo diciassette anni vissuti a Bozoum, 25mila abitanti nella Repubblica Centrafricana, il missionario carmelitano padre Aurelio Gazzera sta per trasferirsi a Baoro, in un’altra missione a 180 chilometri di distanza, dove lavorerà con i piccoli villaggi. La sollecitudine ad andare, nonostante le opere molteplici avviate e gli affetti sani e vivificanti costruiti nell’impegno a rendere sempre più libera la popolazione dalla schiavitù della guerra, è lo stato d’animo che lo guida: “Quando ascolto quel ‘manda me’ – racconta – rivivo sempre la sorpresa di essere qui e di poter fare qualcosa, di mettermi a disposizione dovunque Dio vorrà. E’ il Signore che invia verso una comunità di tante persone che magari non possono muoversi ma che attraverso il missionario riescono ad amare, agire, pregare per tanti nel mondo”.
Portare il Vangelo in una terra devastata
Vivere in uno dei Paesi più poveri al mondo, ciclicamente sconvolto dalla guerra civile, espone di continuo a rischi che possono diventare fatali, soprattutto se la presenza religiosa si fa voce di chi non ha voce per facilitare il dialogo con i banditi o per impedire la devastazione del territorio da parte di attività estrattive illegali. Ma il ‘manda me’ risuona sempre. In parrocchia, con i ribelli “per assicurare la presenza della Chiesa per tutti coloro che sono in difficoltà”. Presidente della Caritas diocesana di Bouar, responsabile dell’ufficio Giustizia, Pace e Riconciliazione e ideatore del blog http://bozoum.blogspot.com/, padre Gazzera ha documentato nel libro “Coraggio” (Salinzucca, 2018) la sua attività di dieci anni. In quelle aree del mondo dove uomini e donne hanno bisogno di strumenti economici e competenze al passo coi tempi per risollevarsi da azioni predatorie e sconquassi politici, la presenza missionaria offre non solo la possibilità di scoprire una fede, di rinsaldarla, ma anche le condizioni per un riscatto sociale. E’ con questo spirito che padre Aurelio ha affiancato, al suo essere parroco, i progetti della Fiera agro-alimentare, della banca di micro-credito, delle scuole.
La missione, la “Chiesa in uscita” non sono un programma, una intenzione da realizzare per sforzo di volontà. È Cristo che fa uscire la Chiesa da se stessa. (“Senza di Lui non possiamo far nulla”, libro intervista di G. Valente con Papa Francesco, LEV-San Paolo, 2019, 16-17).
Il sostegno delle comunità
“Per me e per tutti, per qualsiasi battezzato, per qualunque uomo e donna, vale il bisogno di uscire e andare avanti. Per un missionario è un invito ancora più forte. Benedetto XVI diceva che chi crede non è mai solo, per il missionario questo vale ancora di più”, spiega il religioso. “C’è una Chiesa che prega e accompagna. E io sento molto forte questo affetto, questa presenza che avvolge. Dal Canada in questi giorni mi ha scritto una ricercatrice che in questi anni avevo aiutato a capire meglio la situazione in Centrafrica. Mi diceva: ‘Stasera dirò una preghiera per te, sarà la prima dopo tanti anni’. Ecco, anche questo è missione”.
La malattia, la sofferenza, la paura, l’isolamento ci interpellano. La povertà di chi muore solo, di chi è abbandonato a sé stesso, di chi perde il lavoro e il salario, di chi non ha casa e cibo ci interroga.
L’attività missionaria e la pandemia
Il carmelitano scalzo confessa che all’inizio c’era tanta paura, poi proprio la Chiesa, in prima linea, si è impegnata consegnando agli ospedali materiale di protezione. “Grazie a Dio i casi sono rimasti molto pochi, 4mila e 800 in sette mesi, con 62 morti. Nulla rispetto ai danni provocati dalla malaria”.
La riconoscenza del povero
Padre Gazzera ricorda un paio di aneddoti che conserva nel cuore: “Lavorare in tanti Paesi non è sempre facile, si fa fatica a sentirsi accettati. Nel 2014 partivo finalmente per qualche mese, ero a Bangui. C’era un signore che chiedeva l’elemosina. Gli ho dato qualche moneta ma ne ha presa solo una. Le altre me le ha restituite: mi basta questa. Mi ha colpito molto, spesso è il contrario”. E poi un altro episodio: “Anni fa, uscivo dalla missione, vedo un bambino con un pollo in mano, quasi più grande di lui. Pensavo volesse venderlo. La mamma mi dice: sono mesi che sente parlare di te e vuole ringraziarti per quello che hai fatto durante la guerra. Abitavano a 50 km, sarebbero rientrati a piedi o con un altro mezzo di fortuna. Muoversi per ringraziare”.
Vivere la fratellanza in mezzo al conflitto
L’enciclica Fratelli tutti diventa un’ulteriore strada maestra per guidare l’attività missionaria e padre Aurelio torna a meditare il commento del Papa al Vangelo del Samaritano: “Francesco dice che la vita non è un tempo che passa ma un tempo di incontri. Qui le relazioni e gli incontri hanno peso fortissimo. Quando vengo in Europa mi rendo conto che non è così scontato, invece da noi è più immediato e naturale. Ciò richiede comunque un impegno grosso. Siamo ormai a sei anni di guerra e il Paese sta scontando un grosso peso che sta toccando tutti i livelli”. L’auspicio che le elezioni previste per fine dicembre, in uno scenario che resta assai complesso e dove deboli sono gli elementi per una vera alternanza al potere, possano portare a una effettiva riconciliazione.