Breve estratto da uno studio di approfondimento sul compito missionario della Chiesa

Grazie al suo radicamento e la sua presenza in tutto il paese, la Chiesa ha svolto un ruolo fondamentale incontrando i bisogni della popolazione in mezzo a violenza, sofferenza e difficoltà, senza distinzioni di religione ed etnia. Inoltre, ha dato un importante contributo nella riconciliazione attraverso il dialogo e la ricostruzione. I punti di forza della Chiesa sono stati vescovi, sacerdoti, suore e soprattutto innumerevoli laici, il cui altruismo, fede e carità sono stati evidenziati proprio dalla crisi. I catechisti, in particolare, si sono distinti per il loro impegno per l’evangelizzazione. Il conflitto in Centrafrica non è ancora terminato e la Chiesa continua a offrire il suo significativo contributo spirituale, morale ed educativo.

 [Quella in Centrafrica] è una Chiesa che si fa “popolo”, che “sente”, prepara e risponde ai bisogni delle persone in difficoltà, senza alcuna distinzione. Una Chiesa che certamente ha le sue difficoltà (nel 2010 diversi sacerdoti sono stati ridotti allo stato laicale e due vescovi hanno dovuto dimettersi), ma che ha saputo rispondere coraggiosamente, e spesso con eroismo, ai bisogni della gente del posto. […]

L’evangelizzazione sin dall’inizio ha fatto molto affidamento sui catechisti: i cristiani che accompagnano e guidano le comunità locali con grande dedizione. In alcuni villaggi sono più presenti del sacerdote, che può andarci solo poche volte durante l’anno.

Ai cristiani della Repubblica Centrafricana piace riunirsi e vivere insieme la propria fede nell’uno o nell’altro movimento. Decine di movimenti sono presenti in tutte le parrocchie del Paese […].

La crisi attuale ha interpellato anche i laici, in diversi ambiti: dalla carità e ospitalità, al dialogo, alla mediazione, alla denuncia dei crimini di tutte le parti coinvolte. […]

Mi piace citare questo testo pubblicato sul mio Blog nel 2013: Perché restare?

[…] Qui la gente ha bisogno di un Padre, di una Madre, di una Sorella. Anche se non fai nulla, già solo il fatto di esserci, dà speranza e aiuta. È come stare vicino ha un bambino ammalato o addormentato. Lui sa che ci sei. E la tua presenza è anche il Segno di un’Altra Presenza.

Perché sai che se te ne vai, quello che hai costruito in tanti anni rischia di essere distrutto. Scuole, ospedali, consorzi agricoli, la Cassa di Risparmio… Tutto può essere distrutto in poco tempo. E temi che non ci saranno più la forza né i mezzi per ripartire da capo.

Perché sai che Lui è sempre al tuo fianco anche quando la barca sembra essere sul punto di essere travolta da un’ondata.

Perché ogni tanto arriva un uomo o una donna per dirti: “Grazie perché rimanete!”. Oppure un bambino che è potuto venire nella scuola della missione e, nonostante tutto, ti guarda e ti sorride…

E poi anche tu, nonostante la paura, il mal di pancia, le notti passate in bianco, capisci che stai facendo qualcosa di bello e di significativo. Stai dando la carezza del Nazareno a quanti ne hanno più bisogno!

Coraggio? Sì, è coraggio, pieno di paura, ma anche della Presenza di Qualcuno che non ci pianta mai!

Restare ha significato molto per la credibilità della Chiesa. Molte parrocchie sono diventate un luogo di rifugio per tutti (cristiani e musulmani), uno spazio per il dialogo, un barlume d’umanità. […]

La Chiesa ha aperto le sue braccia e le porte di centinaia di case per accogliere gli sfollati, indipendentemente dalla religione o dall’etnia.

Ma, allo stesso tempo, ha capito che era necessario intervenire più in profondità e lavorare in modo che le parti in conflitto potessero incontrarsi, discutere. […]

Padre Aurelio Gazzera

 Tratto da Missio Dei, collana di studi missiologici e interreligiosi.

“Challenges to Church’s Mission in Africa”, Aracne Editrice, a cura di Meroni F., in “Missio Dei”, n. 6 (2019), pag. 87–116.