Ancora una volta ripeto le parole di San Pietro: “Signore, tu sai che ti amo”

In ginocchio. Inizia così il Ministero del Vescovo. Ogni sacerdote nella sua vita s’inginocchia davanti al Pastore per l’ordinazione diaconale e per quella sacerdotale. Poi per i religiosi, il gesto si rinnova inginocchiandosi di fronte al Superiore Provinciale nella professione dei voti di castità, povertà e obbedienza. Anche P. Aurelio Gazzera, missionario carmelitano, ha vissuto questi momenti di consacrazione, ma nessuno avrebbe mai immaginato che, per scelta del Santo Padre, si sarebbe ritrovato ancora in ginocchio, questa volta davanti al Cardinale Arcivescovo di Bangui, Dieudonné Nzapalainga che ha presieduto l’Ordinazione.

All’inizio della S. Messa è stata letta la Bolla Pontificia in cui Papa Francesco ha nominato P. Aurelio, Vescovo coadiutore di Bangassou, Diocesi al confine con il Sud Sudan e con la Repubblica Democratica del Congo.

Ha ricevuto i segni episcopali: prima di tutto il Libro dei Vangeli aperto sul capo, portato all’altare da un bambino sollevato da quattro uomini su un tipoi, un’antica portantina che usavano re e coloni, ma anche missionari che si addentravano per le prime esplorazioni… Poi è stato unto con il sacro crisma, ha ricevuto in consegna l’anello, gli è stata imposta la mitra e affidato il pastorale.

Ho ancora negli occhi la sua espressione serena che lasciava trasparire la sua gioia intima. Per tutta la durata della cerimonia (tre ore e venti minuti!), ha osservato attentamente i segni che il Cardinale e il collegio dei Vescovi hanno compiuto su di lui, come a non volersi lasciare sfuggire nulla della grazia divina che stava ricevendo. Non ha nascosto le emozioni, anzi le ha condivise soprattutto con la delegazione di confratelli. È un dono grande non solo per lui e per noi Carmelitani, ma per l’intera Chiesa
centrafricana!

Forse nessuno di noi potrà mai raggiungere Bangassou. Alcuni, mossi dall’entusiasmo, dicono di volerci andare, ignorando che la strada che vi conduce è percorribile solamente nella stagione secca e occorrono circa sette giorni di viaggio… ma un pezzetto del nostro cuore e del nostro pensiero è già laggiù con P. Aurelio.

“Questa Diocesi conserva ancora le stigmate delle crisi militari e politiche. Certe località sono ancora nelle mani di gruppi ribelli”, spiega il Card. Nzapalainga, durante l’omelia. “A Obo, caro fratello, sentirai gli uccelli che cantano Obo là ehhh Obo”, continua, facendo riferimento a un detto popolare. Si dice infatti che gli uccelli comincino a cinguettare rumorosamente per avvertire la popolazione dell’arrivo di un forestiero, come fossero le oche del Campidoglio ai tempi dei Romani.

“Aldilà dei beni di prima necessità, di materiali per le costruzioni, ci sono uomini e donne che attendono di ricevere da te, la Parola di Dio che li conforti e risollevi, i Sacramenti che aumentano la vita divina. Le popolazioni contadine vogliono svolgere il loro lavoro in sicurezza e commerciare i prodotti della pesca e della caccia per vivere degnamente. Le persone sofferenti attendono cure appropriate e i bambini vogliono ricevere un’educazione di qualità per un avvenire migliore. Incontrerai molteplici attese. Di fronte a queste sfide, Gesù t’interpellerà come ha interpellato l’Apostolo Pietro, “Aurelio, mi ami tu?”. È nella preghiera intima, nella lectio divina, nella celebrazione quotidiana dell’Eucarestia e nel servizio del popolo di Dio che tu gli saprai rispondere: “Signore tu sai che ti amo”. Alla scuola di San Pietro, hai scelto di mettere il tuo Ministero episcopale sotto il segno della fragilità e della vulnerabilità e sotto lo sguardo misericordioso di Dio stesso”, ha detto il Card. Dieudonné Nzapalainga nel corso della sua vivace e coinvolgente omelia.

Per ogni pastore, il peso della responsabilità è grande. Anche Mosè e San Paolo hanno avvertito il carico del compito affidato loro da Dio. Sant’Ambrogio tentò di fuggire quando vollero farlo Vescovo, sentendo l’episcopato come un fardello insopportabile.

San Paolo, tuttavia, ci ha insegnato a capire che il Signore lo permette perché non contiamo più su noi stessi, ma su Dio, il quale vuole mostrarci la sua potenza e proprio quando siamo smarriti, affaticati, si rivela a noi consolandoci e aiutandoci a perseverare. Vuole convincerci che dobbiamo riporre la speranza in Lui solo e dire: “Signore, tu sai che ti amo”.

Al termine della Messa, il Vescovo appena ordinato ha rivolto a tutti questo messaggio di speranza: “che le parole di San Pietro accompagnino sempre i
nostri passi!”. Facciamo nostro l’augurio di P. Aurelio.

Padre Davide Sollami