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Mentre in questi mesi l’Europa fa i conti con il caro energia, come si rapporta il Centrafrica con questo tema? Abbiamo chiesto a p. Aurelio e p. Stefano, missionari a Baoro, di raccontarci come si vive senza energia elettrica. Ecco la loro testimonianza.
Nel cuore dell’Africa le giornate sono ritmate dalla luce del sole: la prima luce e l’ultima, di ogni giorno, è ancora e sempre il sole! Alle sei di mattina diventa giorno ed è un brulicare di attività che iniziano. Alle sei di sera cala il buio e tutto si calma. Chi vola di notte sui cieli della Repubblica Centrafricana scorge difficilmente una luce per centinaia di chilometri. La notte qui è vera notte.
Forse in Europa ci si è dimenticati di questo semplice elemento, ma fino a 80 anni fa, anche in Occidente i tempi erano ritmati dalla luce naturale.
In Centrafrica c’è una sola diga, che produce l’elettricità per una piccola parte della capitale, Bangui. Il resto del paese deve cercare altre soluzioni per l’illuminazione notturna e per alimentare le apparecchiature.
Il Centrafrica dipende moltissimo dai carburanti fossili. I (pochi) gruppi elettrogeni che forniscono elettricità a famiglie, comunità, garage, atelier e ospedali funzionano a gasolio o benzina. Il cui prezzo (più di 1,50 euro/litro) è molto alto in confronto al costo della vita.
In questi ultimi sei mesi però il carburante è diventato introvabile e non si riesce a capire come mai. Le stazioni di servizio esistono solo nella capitale ma, da mesi, sono vuote. Ogni tanto arriva un’autocisterna e moto, taxi e auto fanno per giorni la coda in attesa di qualche litro di benzina. Il “mistero” s’infittisce, anche perché ogni settimana passano decine di camion cisterne in direzione di Bangui. Ma dove vanno?
In gran parte dei villaggi la soluzione è semplice: al calare del sole si accende il fuoco, che serve anche per cucinare (e nel frattempo allontana un po’ le zanzare). La sua calda luce permette di ritrovarsi insieme, ogni sera e di passare qualche momento di condivisione e di scambio, in famiglia. Al mattino si soffia sulle poche braci rimaste oppure si va dal vicino a chiedere un tizzone acceso e si può riscaldare quel poco che è rimasto dalla cena del giorno precedente o, per i più fortunati, farsi un po’ di caffè.
Nei centri abitati la vita è molto simile a quella nei villaggi. In città però crescono i bisogni come quello di studiare la sera o ricaricare i telefonini. Qui si trovano a basso prezzo (anche a meno di 10 euro), ma bisogna ricaricarne le batterie.
In gran parte delle città non esiste rete elettrica e la società che dovrebbe produrla e distribuirla non esiste oppure possiede solo qualche vecchio gruppo elettrogeno, ma qui sorgono altri problemi: serve del carburante, ma non c’è l’organizzazione per distribuire la corrente e, soprattutto, per recuperare le spese facendo pagare le bollette.
Da qualche anno sono arrivati i pannelli solari, di tutte le dimensioni e di tutte le capacità. I prezzi sono piuttosto bassi e per accendere una lampadina bastano pochi euro. Ma bisogna averli, quei “benedetti” pochi euro!
E così, per gran parte del paese, la luce arriva alla mattina e ce n’è fino a sera. Grazie al sole!
Noi missionari siamo più fortunati: per alcune ore, la sera, accendiamo il gruppo elettrogeno e la Missione s’illumina: facciamo girare la lavatrice, stiriamo e soprattutto pompiamo in una grande cisterna l’acqua indispensabile. Poi verso le nove di sera torna il silenzio e, come i nostri fratelli del quartiere, ci ritiriamo perché alle prime luci del mattino, poco dopo le cinque, ci alziamo. Quando andiamo nei villaggi più lontani non rientriamo alla missione di Baoro, ma dormiamo sul posto. In quel caso portiamo un paio di batterie da macchina con le quali riusciamo ad avere un po’ di luce per la sera e un po’ di corrente per proiettare un film per i bambini.
Se pure i nostri fratelli centrafricani sappiano camminare al buio, come fossero dei gatti, allo stesso tempo temono enormemente l’oscurità.
Tra le tante cose in cui eccelle, ce n’è una che l’Africa ci può insegnare: vivere imparando a fare a meno di qualcosa e cercando soluzioni fantasiose alla mancanza di quello che sembra necessario o addirittura fondamentale. Ci si rende conto che si può vivere ugualmente e, a volte, anche meglio!
Allo stesso tempo, però, tutti sentiamo come la mancanza di energia, sia il vero termometro della miseria del Centrafrica. Oggi un paese senza energia è un paese senza avvenire.
P. Aurelio Gazzera
P. Stefano Molon