Le pagine dei diari di Padre Nicolò Ellena (1923 – 2019), carmelitano missionario in Centrafrica dal 1971 al 2013, ci riportano indietro nel tempo… Gli indigeni incominciano a frequentare la Chiesa, ma richiedono di ricevere subito il Battesimo, senza alcuna preparazione.

 

a cura di Ivana Vitrotto Gallino

Bossentelé e Adamou, 31 agosto 1986. Tempo incerto. Penso di restare in casa, ma verso le 7 il tempo si riprende e, caricati cartoni di vestiti, parto per Adamou. Poca gente fino alle 8, solo ragazzi e uomini col mokunji, il capo villaggio. Le ragazze e le donne arrivano in ritardo. Messa discreta. Dopo Messa un giovane dice, a nome di tutti, che da tempo (9 mesi) vengono alla Missione (non al catechismo!) e che quindi vogliono ricevere il Battesimo.

Rispondo che fin dal primo incontro con la gente di Adamou (ancor vicino all’albero grande) avevo detto che la Chiesa cattolica non faceva come i protestanti, che battezzano dopo 4-5 mesi di “ascolto della parola di Dio”, ma che bisognava “maturare” durante 3-4 anni. Rimangono allibiti. Evidentemente i battisti (presenti ad Adamou) li avranno compatiti, che dopo 9 mesi ancora il padre non li battezzi e li avranno presi in giro.

Spiego bene le cose e riconfermo che quest’anno, se vengono sempre al catechismo, riceveranno l’ingo (il sale), l’anno prossimo il mafuta (l’olio dei catecumeni) e dopo ancora il Battesimo. Li incoraggio a perseverare!

Poi andiamo nella capanna di paglia e vendo (a prezzo irrisorio) due cartoni di vestiti. Una battaglia.

Bossentelé e Dobere, 28 dicembre 1986. Come d’accordo con la corale, partiamo alle 5.30 per Dobere, per l’inaugurazione della cappella e per i Battesimi. Freddo, ma non manca nessuno dei dieci chiamati. Arriviamo che alcuni sono già pronti. Faccio lavorare tutti, mettiamo bandiere ecc… Alle 7.30 in punto, l’appello. Ci sono le due suore che mi aiutano molto. Alle 8, solenne sfilata.

Molti protestanti sono lì a vedere. Alle 8.15 inizio la Messa e la chiesa è piena. Arrivano i notabili con la palandrana nera da cerimonia, lo stemma di mokunji e una decorazione, il matuwmi.

Li metto al loro posto riservato. Ci stanno fino alla fine, cioè per oltre tre ore! L’entusiasmo è da grandi occasioni. La corale di Bozoum, paludata, fa le poche meraviglie di cui è capace e la funzione fila dritto: ingo trentotto, mafuta quaranta, Battesimi bambini tredici, Battesimi adulti tredici, abiure dai battisti quattro, matrimoni due. Una lunga Messa per Dobere, dopo appena quattro anni e rotti di esistenza. In simili circostanze non sento affatto la fatica. Alla fine distribuzione di 110 regali a ognuno dei festeggiati oggi… e questo è stato forse “il sacramento” che hanno capito di più. Fuori dalla chiesa lavoro febbrile per i tre fotografi d’occasione: le due suore e il sottoscritto. Verso le 13 ricarico la corale e ritorniamo a casa, dopo un buon pranzetto dal mokunji.

Bossentelé e Bambalou, 8 febbraio 1987. Parto alle 7 per Bambalou. Trovo poca gente, i soliti 7 o 8 adulti e altrettanti bambini. Chi chiede una cosa, chi l’altra. Viene anche il caro vecchietto Maurice che, all’esame di catechismo, l’anno scorso, non sapendo nulla era stato respinto. Vedendolo ora molto malato, che sta appena in piedi, ma sempre presente, decido di prepararlo come posso al Battesimo e di darglielo senz’altro. Ha solo più i mesi contati. Riduco la cerimonia all’essenziale e lo battezzo. Tutti ne sono contenti: lui è nella sua semplicità genuina, raggiante. Sarà più cristiano di tanti altri “leviti e religiosi”.

Dobere, 22 marzo 1992. Alle 5.45 parto per Dobere. Sono là alle 6.30 e vedo che han pulito tutto fuori e dentro la cappella, con ghirlande e foglie all’interno. Anche la gente è già quasi pronta.

Controllo le ultime cose. Esce la protestante di cui mi ha scritto ieri il catechista e che conoscevo bene. Chiede, implora, di diventare cattolica, senza tuttavia fare un matrimonio religioso col marito cattolico. Si arrabbia, crede di poterla spuntare, ma sono inflessibile e se ne va adirata: non la vedo poi alla funzione né dopo benché abiti accanto alla chiesa e sia sorella minore dell’ex catechista Alphonse. Così pure due giovanotti di Balembé vengono a domandare di ricevere oggi il Battesimo. Non li conosco affatto.

Han ricevuto il mafuta, ma non son venuti al catechismo né han sostenuto l’esame. Li faccio attendere e non se ne fa nulla. C’è anche il catechista di Barka, il pifferaio e un chitarrista. Messi insieme, il fracasso era assicurato e la gente seguiva, anche se molto spesso uno non sapeva cosa faceva l’altro. L’importante era essere là davanti e che la gente li guardasse per una liturgia dello spettacolo! La cappella è strapiena e parecchi restano fuori: gente ad assistere e io, ultimo della coda, non so se fare il grande o il piccolo. Gli “agenti al protocollo” sono anche troppi, per questo le cose vanno molto alla garibaldina. Si entra a stento in cappella dove ognuno dice quel che vuole e come vuole.

I catechisti sono lì per “lasciar fare” più che per fare. Tutto più o meno normale fino a dopo la predica, quando si è dato ingo e mafuta e Battesimi. Soprattutto per i Battesimi ai bambini, la gente si è presentata davanti all’altare: io avevo sì e no lo spazio per girare su me stesso. Mi sembrava che la gente avesse paura che mancasse poi l’acqua battesimale. Tutti sudati, i bambini a piangere, i genitori e padrini a dar spintoni per farsi avanti; la gente che “serrava” dall’esterno: chi canta, chi grida, chi spinge. Io li lascio fare e controllo la situazione. Credo che sia stata una delle cerimonie di Battesimo più faticose! Si canta, si grida, si spinge, si protesta dentro e fuori. A fine Messa ringrazio oves et boves e dò regali. Non c’è da ripetere l’invito o da attendere. Tutti, grandi e piccini, son lì in fila e fremono. Usciti dalla chiesa, c’è già una buona scorta di protestanti o parenti con rami verdi per la sfilata di rito alle case dei neofiti: dò un bel pallone in similpelle ed è una bagarre! Allora tutti diventano cattolici!

(Continua…)

Padre Nicolò Ellena, ocd