Il missionario impegnato nei villaggi si mette in viaggio ogni domenica verso le molte comunità cristiane, sparse fino a 90 km a est di Bozoum (le strade dissestate non gli facilitano il compito!).

L’apostolato al villaggio inizia di buon mattino: confessioni (una o due ore), Messa, visita e Comunione ai malati, centri di ascolto (a cielo aperto!), mentre la moglie del catechista prepara un pasto frugale. Il viaggio di ritorno offre spesso l’occasione di accompagnare in città soprattutto malati (a volte dopo una lunga insistenza e un aiuto economico).

Mentre accompagnano i cristiani nel loro cammino di fede, i padri aprono nuove comunità laddove incontrano interesse e desiderio di appartenere alla Chiesa. I primi passi sono di norma la costruzione di una semplice chiesetta di paglia e la designazione di un responsabile e animatore della preghiera: il sacerdote potrebbe tornare anche dopo tre o quattro mesi. L’animatore riceve un’adeguata formazione in un centro diocesano: spetterà a lui formare a sua volta i cristiani, guidando gli incontri di preghiera e condividendo con i consiglieri il ruolo direttivo nella comunità. La Messa festiva (un’eccezione) è sostituita da una Liturgia della Parola.

Per valutare l’idoneità dei catecumeni, anche il padre è presente. La vera sfida è far sì che i ragazzi interiorizzino i contenuti della fede, compito non semplice perché si accontentano spesso della memorizzazione delle risposte. Come se non bastasse, nei villaggi la lingua materna non è il sango (lingua nazionale), ma altri idiomi regionali: a Bozoum e dintorni quelli dei Gbaya e dei Karé, oltre a vari dialetti. Grazie a Dio, però, la fiducia in Lui e la carità non si possono misurare! Chi semina la Parola di Dio sa che ne vedrà solo in minima parte i frutti: molti rimarranno a lungo o per sempre nascosti agli occhi degli uomini, nascosti nel Cuore di Dio.

Padre Matteo Pesce