Ai pigmei, uno dei popoli più gentili e pacifici della terra, Dio affidò le chiavi della foresta. Tanta meraviglia, distante circa 500 km da dove abito, meritava una visita. Abbiamo quindi pensato che una gita, dove Dio si era riposato tanti secoli fa, potesse essere il luogo adatto per distrarci e riposarci un po’, dopo le fatiche accademiche del primo semestre.
Bambio, i pigmei e un missionario coraggioso
La prima sosta del lungo viaggio è Bambio, nella regione del fiume Lobaye. Appena arrivati la famiglia di fra Régis, ci offre dell’ottimo caffè di produzione locale. All’indomani mattina, prima di proseguire il viaggio, celebriamo la Messa nella chiesa del villaggio. Ma, a Bambio, è impossibile celebrare una Messa che non sia solenne e la gente accorre numerosa. Qui i sacerdoti sono rari, figuriamoci se ne arriva uno accompagnato da un convento intero. A colazione il continental breakfast di Bambio prevede manioca e selvaggina cacciata il giorno prima.
Nel pomeriggio arriviamo a Belemboké, una missione di soli pigmei ai bordi della foresta. Gli unici non pigmei presenti nel villaggio sono due sacerdoti africani – padre Anselme e padre Sèrge –, tre suore dall’America Latina – suor Melania, suor Alba Maria, suor Margarita – e il maestro della scuola elementare. I pigmei – mi spiegano i miei confratelli – sono i veri abitanti del Centrafrica. Qui ce li ha messi veramente il buon Dio, mentre gli altri abitanti del paese appartengono all’etnia bantù, arrivata in Centrafrica in seguito a delle migrazioni. A Belemboké parrocchia e villaggio sono nati insieme nel 1973, per iniziativa di padre Lambert, un coraggioso sacerdote francese. Questo missionario si accorse che i pigmei vivevano molto spesso alle dipendenze di padroni di altre etnie, quasi come dei servi. Il sacerdote, creando una parrocchia tutta per loro, permise, di fatto, anche la nascita di un villaggio di soli pigmei i quali costruirono attorno alla chiesa le loro tipiche piccole capanne di rami e foglie intrecciate a forma d’igloo. E, con buona pace di chi ritiene, un po’ frettolosamente, che l’evangelizzazione sia stata una delle cause dell’estinzione delle culture indigene, questo sacerdote diede ai pigmei, con il Vangelo, anche libertà e dignità, preservandone cultura e tradizioni. E tra gli elementi più interessanti della cultura pigmea, in un contesto dove la poligamia era largamente diffusa, trovò la pratica di una rigorosa monogamia che ben si sposò – è proprio il caso di dirlo – con la concezione cristiana del matrimonio. Ovviamente l’iniziativa di padre Lambert non piacque a chi aveva perso della manodopera gratuita. Il sacerdote venne minacciato. Ma, in sua difesa, intervenne Bokassa, il famoso sovrano di quello che all’epoca era l’Impero Centrafricano, che dichiarò che chiunque avesse fatto del male a quel sacerdote, sarebbe stato come averlo fatto alla persona stessa dell’imperatore. Da allora, questi piccoli padroni della foresta continuano a vivere felici e in pace, pur non sapendo nulla dell’ennesimo e ambiguo accordo di pace per il Centrafrica appena firmato a Khartoum.
Bayanga e gli elefanti
Trascorsa la notte tra le capanne dei pigmei, partiamo per Bayanga, dove visiteremo il National Dzanga-Sangha National Park. Il parco è immerso nella foresta del bacino del fiume Congo, nell’estrema propaggine sud-ovest del Centrafrica, tra il Camerun e il Congo-Brazzaville. L’obiettivo dell’escursione è raggiungere e osservare da vicino una colonia di elefanti. La guida, aiutata da un pigmeo che si mette in testa alla comitiva, indica il comportamento da tenere nel caso dovessimo imbatterci in un elefante o in un gorilla. È d’obbligo il silenzio. Dopo quasi un’ora di cammino ci arrampichiamo su un belvedere per contemplare gli elefanti che, verso mezzogiorno, raggiungono un corso d’acqua per abbeverarsi. Lo spettacolo è impressionante: gli elefanti sono un centinaio. Ma all’interno della foresta ne sono stati contati circa 4.000.
Nola e i diamanti
Il giorno successivo arriviamo a Nola, una cittadina pittoresca, all’incrocio dei fiumi Kadeï e Mamberé che, uniti, danno origine al grande fiume Sangha, regno indiscusso degli ippopotami. Per raggiungere l’antica missione, fondata nel 1939 e situata dall’altra parte del fiume, saliamo con la macchina su di una chiatta galleggiante. Ci accoglie suor Inès che per cena ci ha preparato antilope e gamberetti.
Al mattino, attraversando la città, siamo impressionati dalla quantità dei ‘bureaux d’achat’ di oro e diamanti. Ci troviamo in una delle zone del Centrafrica dove il sottosuolo è ricco di questi preziosi minerali. Ed è una sofferenza porsi la domanda del perché questo paese, che dorme letteralmente sull’oro e sui diamanti, viva nella povertà e altri possano approfittare delle sue ricchezze.
Berberati e gli orfani di suor Elvira
A mezzogiorno arriviamo a Berberati, una delle città più grandi del Centrafrica. Siamo invitati a pranzo dai ragazzi del Centro Kizito, una realtà create per il recupero di bambini e ragazzi vittime o autori di violenza, spesso orfani, a volte provenienti da gruppi armati oppure che hanno già trascorso soggiorni più o meno lunghi in prigione. Suor Elvira, una missionaria che non conosce sfumature e che non sopporta gli orfanotrofi, è all’origine di questa comunità che cerca di ridare dignità a decine di ragazzi tramite l’apprendimento di un mestiere, l’agricoltura, la musica, lo sport e soprattutto l’arte di vivere insieme senza farsi del male. “Sara mbi ga zo – Fa’ che diventi un uomo” è l’impegnativo motto di quest’ambiziosa iniziativa che suor Elvira porta tenacemente avanti, ormai da diversi anni, con l’aiuto di diverse famiglie e non poche difficoltà. Quest’anno, il presidente della Repubblica Italiana ha riconosciuto i suoi meriti nominandola Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Lungo gli ultimi chilometri prima di arrivare a Bangui, ripenso ai luoghi, ma soprattutto alle persone incontrate durante il viaggio: missionari e missionarie innamorati di questo paese che, nascosti come diamanti, lavorano per il Regno di Dio senza far troppo rumore. Vite preziose donate per il Vangelo e per questa gente.
Un abbraccio da Bangui
Padre Federico Trinchero