13 dicembre 2013, ore 21.20

Carissimi,

il nostro Campo Profughi Carmel festeggia il nono giorno e incomincio subito con due bellissime notizie che hanno quasi dell’incredibile.

La prima notizia è che questa mattina Karine, una giovane donna, ha dato alla luce un bellissimo bambino, diventando mamma per la terza volta. Il lieto evento è avvenuto niente poco di meno che nella nostra Chiesa.

Quindi, per noi, oggi è già Natale. Non posso descrivervi la gioia per quest’avvenimento che, sono sincero, un po’ ci speravo.
Il Signore ha preso qualche giorno fa la piccola Rose e oggi ci allieta con il dono di questa nuova vita. Ho proposto alla mamma di chiamare il neonato Jean de la Croix, il nostro fondatore, di cui proprio domani ricorre la festa.
La seconda notizia è stata la visita inaspettata del nostro coraggiosissimo Arcivescovo Dieudonnè Nzapalainga.
Per la nostra gente è come se fosse arrivato il Papa in persona! Ci ha trovati al lavoro: chi alla distribuzione del cibo, chi impegnato nella pulizia del campo, chi intento a sistemare i teloni di plastica contro la pioggia, chi concentrato a seguire i malati…
Il Vescovo, venuto con un Imam, ha visitato il nostro campo e poi ha invitato tutti alla pace, alla riconciliazione e al perdono. Anche l’Imam ha fatto un discorso analogo.

Come potete capire, l’intento di questa visita è quello di “gettare acqua sul fuoco” di uno scontro tra cristiani e musulmani che rischia di incendiare l’intero Paese.

Vogliamo, possiamo e dobbiamo vivere in pace insieme!

Il nostro piccolo Carmel vorrebbe essere nient’altro che questo: una scintilla di pace in un grande fuoco di violenza.

Il Vescovo stringe la mano ad ognuno di noi. Gli chiedo se vuole un bicchiere d’acqua, ma mi dice che non ha tempo. Prima di partire ci lascia 14 sacchi di riso, scatole di sardine, olio. Sarà il pranzo di domani per i nostri ospiti!

Lo abbraccio e poi se ne va.

Per il resto la vita trascorre normale, per quanto possa essere normale la vita di un Convento con annesso campo profughi. Certamente la vita regolare di un tempo comincia a mancarci un po’. In fondo il nostro lavoro preferito resta quello del frate.

Comunque, ad orari decisamente un po’ elastici in base alle urgenze, ci raduniamo per la preghiera, quasi attratti dal suono di una campana invisibile. La gente si accorge che per un po’ di tempo non ci siamo perchè abbiamo bisogno di stare insieme per pregare un po’.

Il canto dei vespri sembra per qualche istante superare le grida dei bambini. E ho come impressione che i miei confratelli non abbiamo mai cantato così bene. I loro volti sono quasi modificati dal dolore per le sorti del Paese e dalla stanchezza dell’estenuante lavoro.

Ma pregare ci ricarica e ci aiuta a preservare un po’ di spazio per noi, un po’ di spazio per Lui. E non ci sembra una cosa poi così diversa rispetto al tempo trascorso con i profughi.

Se qualcuno di noi non è presente sappiamo tutti che, come dice la nostra regola, è sicuramente “impegnato in qualche legittima occupazione”.

Spesso dobbiamo radunarci per affrontare la tappa successiva e migliorare il nostro servizio.

La geografia del nostro Convento varia di giorno in giorno. Facciamo capitoli conventuali nei posti più impensabili, ma soprattutto in refettorio (attualmente anche lui “profugo” nel corridoio delle celle), alla fine dei pasti.

Un parlatorio esterno è diventato ambulatorio medico, un altro parlatorio si è trasformato nel deposito viveri, la sala del capitolo è per i malati in osservazione, il refettorio è un dormitorio d’emergenza in caso di pioggia.
Nelle brevi ricreazioni che ci possiamo permettere, proviamo addirittura ad immaginare un nuovo Convento più grande, con tante tettoie e WC,  insomma: già predisposto – Dio non voglia! – per il prossimo colpo di stato e i prossimi profughi.

Molte persone ci danno una mano: pulizia del campo, servizio d’ordine, guardia notturna. Distribuzione del cibo. Suor Renata, originaria di Venezia, dà una grossa mano nel nostro piccolo ambulatorio.

I nostri aspiranti più grandi della Jeunesse Carmèlitaine condividono tutta la nostra vita e tutto il nostro lavoro. In questi giorni era previsto un ritiro vocazionale. Ed ecco che stanno facendo una sorta di noviziato “accelerato”.

Gli aspiranti più piccoli, i nostri simpatici Compagnons de l’Enfant Jèsus, ci aiutano in tante piccole cose. Sono diventati una sorta di piccola “Armèe du Carmel”, ovviamente pacifica e armata di scope, secchi e carriole.

I nostri profughi stanno bene. Qualcuno, scherzando, ha affermato che, sebbene tutti dormano per terra, il nostro è il Ledger Plaza dei Campi Profughi. Il Ledger Plaza è l’unico albergo di lusso della città di Bangui.
Altri profughi vorrebbero organizzare una partita calcio con il campo profughi più vicino al nostro. Vi terrò informati sul risultato.

Io mi dedico, come posso e cercando di arrabbiarmi il meno possibile, a smistare e distribuire i doni che stiamo ricevendo: cibo, medicinali, sapone, bidoni per l’acqua, teloni di plastica…

Poi, nei ritagli di tempo, cerco di rispondere alla posta e di mantenere i contatti con gli organismi, lieto di fare questo lavoro ai tempi di internet e non del telegrafo.

Scrivervi, lo confesso, mi rilassa un po’ e mi permette di guardare il lato positivo di ogni avvenimento in questa tragedia in cui siamo immersi. Si parla ormai di 600 morti – solo in questi giorni – e di più di centomila profughi in tutto il Paese. Situazioni come la nostra sono numerose e, purtroppo, c’è chi sta veramente peggio e rischia la vita.

Vi ringrazio ancora per l’amicizia con cui ci seguite. Nostro malgrado stiamo diventando addirittura “famosi”: qualche giorno fa ognuno di noi si è trovato nella casella della posta elettronica un messaggio da parte del nostro padre Generale che ci ha manifestato il suo orgoglio e il desiderio di poterci dare una mano. Abbiamo veramente apprezzato questo gesto.

Un grande grazie a tutti! Vorreste essere qui da noi per darci un po’ il cambio.

Ma la vostra amicizia e la vostra preghiera sono più veloci degli aerei e ci fa andare avanti, chissà ancora per quanti giorni.

Un forte abbraccio

Padre Federico Trinchero,
i fratelli del Carmel e i nostri 2000 e più ospiti