17 ottobre 2013, Bangui
Carissimi lettori,
qui in Centrafrica la situazione sembra andare di peggio in peggio.
Il nuovo governo è un regime (sotto controllo ciadiano?) non sa tenere ordine i circa ventimila ribelli “Séléka” che infatti saccheggiano e uccidono incontrastati. Il Paese è in mano araba. Le speranze di un intervento dell’ONU o di forze interafricane sono finora inconsistenti.
La povera gente è indifesa e quando reagisce, i ribelli bruciano le loro case. Una forza interafricana di oltre un migliaio di soldati è sul posto, ma cosa possono fare su un territorio grande il doppio dell’Italia? Si parla di rischio di “somalizzazione”, cioè di divisione del Paese fino a renderlo ingovernabile, ma anche di “processo di islamizzazione” del Centrafrica.
Attaccano anche le missioni?
Sì, uomini armati ci hanno rubato, in più riprese, 3 fuoristrada, materiale e denaro.
La nostra sicurezza è a rischio?
Sulle strade i rischi sono alti anche in pieno giorno: poco più di due settimane fa io stesso con tre confratelli siamo stati loro vittime all’uscita della capitale Bangui. Hanno sparato sui pneumatici della nostra vettura e tenuto per qualche minuto P. Aurelio, l’autista, col mitra puntato sul viso. La Provvidenza ci ha fatto uscire indenni, ma con tanto spavento, da questa situazione delicata.
Nonostante lo stress e il logorio che la situazione perdurante provoca, la grande maggioranza dei missionari è restata nel Paese, accanto alla gente.
Nei mesi scorsi, approfittando della lunga assenza di corsi scolastici, abbiamo potuto fare un lavoro di formazione più in profondità per i giovani e i bambini dei nostri movimenti al Carmel di Bangui. La gente, più di prima, si è stretta attorno a noi, sentendosi amata e protetta. Le Messe sono frequentatissime la domenica, ma anche nei giorni feriali non siamo mai soli, anzi! Molti sono anche i poveri, ora tantissimi, e gli sfollati senza tetto a causa dei ribelli, che ci chiedono soccorso. Grazie ad aiuti di amici e benefattori abbiamo potuto aiutare molti di loro. Ho una particolare attenzione soprattutto per le famiglie in difficoltà. Continuo, con i confratelli, ad aiutare e incoraggiare gli allievi più poveri e quelli più meritevoli, pagando loro le spese scolastiche.
Da un mese, in seguito alla ristrutturazione delle nostre comunità di formazione, mi trovo a Bouar, nel nostro convento dedicato a “S. Elia”, a 450 chilometri da Bangui, sulla strada verso il Camerun. Svolgo incarichi di priore e di maestro di formazione dei nostri giovani postulanti. Siamo due sacerdoti italiani e uno ceco con undici giovani centrafricani e camerunesi. Anche qui, oltre all’impegno prioritario di “padre” della comunità, inizio a seguire intensamente la gioventù e i bambini del posto.
Presto sarò in Italia per cure mediche e per rivedere genitori, amici e benefattori della Missione.
Un caro saluto e la vicinanza nella preghiera.
padre Stefano Molon